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lucisano domenico
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LA FILOSOFIA DELL'IRRIVERENZA Empty LA FILOSOFIA DELL'IRRIVERENZA

Lun Mar 18, 2019 11:09 am
DEDICHIAMO QUESTO POST A TUTTI COLORO CHE HANNO L'ARDIRE DI RIVENDICARE LA RIVERENZA PER DIRITTO O PER AUTORITA', SENZA  FARSI MAI SFIORARE DALL'IDEA CHE L'UNICA STRADA PER OTTENERLA E' LA AUTOREVOLEZZA, LA CREDIBILITA' E QUINDI LA FIDUCIA CHE SI POSSONO RISCUOTERE SOLO ATTRAVERSO  ADEGUATI COMPORTAMENTI ED, IN PROPOSITO,  PUBBLICHIAMO IL CONTRIBUTO DI ANTONIO RECANATINI, COMPIANTO POETA E SCRITTORE, APPARSO SUL PERIODICO "LAVORO E SALUTE" DI MARZO 2015

“L’irriverenza è la filosofia che accresce la consapevolezza, è rinunciare a porgere l’altra guancia per essere picchiato, è l’abbandono dei luoghi comuni, è far capire di non essere idioti, fino al punto da ringraziare la malasorte, la malagiustizia, il malgoverno, le istituzioni.”

La filosofia dell’irriverente
Per parlar dell’irriverenza è utile soffermarsi sul concetto di “riverenza”, dal latino reverentia, associabile e non meno clamorosa dell’adorazione. Inutile aggirar l’ostacolo, la riverenza non è rispetto, tanto meno profondo rispetto, è ossequiosità, quasi servilismo, umiltà esagerata, accettazione e poco importa se dietro le quinte ne parliamo male.

La crudeltà è in quell’inchino sfacciato, in quel sorriso forzato, in quella riverenza sbadata e spesso, vigliacca, in quella dignità calpestata. L’adorazione dei faraoni, la prostrazione di fronte al clero , i sudditi costretti a chinare il capo per non incrociare lo sguardo del re si chiama riverenza.

Forse qualcuno non ne è convinto, magari crede che la riverenza sia una forma di rispetto dovuto, del resto è la stessa riverenza che nutrono gli italiani verso i nullatenenti con la maserati, verso professionisti evasori, verso assessori puttanieri e cocainomani, a creare mostri.

Anche la classe operaia è destinata a convivere con la riverenza, lavorando dieci/dodici ore al giorno, dovendo ringraziare il padrone per l’anticipo dello stipendio non pagato tre mesi fa. La riverenza è sopraffazione, nulla di rispettabile, nulla di più pericoloso.

Da qui, potete capire che l’accezione data all’irriverenza è su un gesto privo di rispetto, come se l’irriverente fosse un ingrato, un immemore, un irriconoscente. Qualcuno utilizza l’aggettivo per parlare di vestiti, magari per gli abiti seducenti e “irriverenti”, come la moda irriverente, da qualche parte ho letto anche di un ballo dai passi “irriverenti”.

Ormai la parola ingratitudine si mescola con l’irriverenza, quasi ne accorpa l’anima. Bene, niente di più falso, come è falso definire irriverente chi non dice grazie o chi non saluta, sarebbe meglio distinguere l’ineducato dall’irriverente.

Mark Twain, non Fabio Volo e nemmeno Cacciari, scrisse “L’irriverenza è la paladina della libertà, se non la sua unica difesa”. L’irriverente è colui che saluta apertamente, ma non s’inchina, colui che dice grazie, ma non bacia le mani di nessuno, irriverente era Peppino Impastato, mai disposto a chinare il capo di fronte ai Badalamenti, a costo della vita.

L’irriverenza è la filosofia che accresce la consapevolezza, è rinunciare a porgere l’altra guancia per essere picchiato, è l’abbandono dei luoghi comuni, è far capire di non essere idioti, fino al punto da ringraziare la malasorte, la malagiustizia, il malgoverno, le istituzioni.

Irriverente è l’ateo che non si fa il segno della croce passando davanti a una chiesa, irriverente è colui che osa sfidare il male, sapendo di perdere la partita prima del fischio d’inizio, lunga vita agli irriverenti.

Antonio Recanatini

www.lavoroesalute.org
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